tiktok e la guerra in ucraina

TikTok cronista della guerra ucraina

La guerra non si combatte solo al fronte, ma anche su TiKTok. Sul social cinese convivono in questo momento video di balletti insieme a scene di vita (distrutta) in Ucraina. L’invasione russa è documentata momento per momento e con puntualità, andando a soverchiare la comunicazione di giornali e radio tv ormai sempre in ritardo. Prosperano, però, notizie di ogni genere e il loro esatto contrario senza mediazione e controllo.

Fondamentale l’uso degli influencer. Prima che il social insieme a Netflix chiudesse i suoi battenti in Russia, numerosi tiktoker russi erano stati chiamati “alle armi”, dovendo pronunciare discorsi molto simili tra loro, come se stessero leggendo un copione, atto a “invocare la pace” e discolpare Mosca e il Cremlino.

Anche il presidente Volodymyr Zelensky il giorno dell’aggressione russa, il 24 febbraio, ha mobilitato i tiktoker insieme a scienziati, medici, blogger e comici.

Ma perchè gli influecer vanno temuti e sono più potenti delle baionette? La risposta è nei dati. Mentre il gruppo Meta, costituito da Facebook & Co., è in caduta libera in termini di iscrizioni e utenti, TikTok cresce in modo esponenziale. Si conta circa un miliardo di utenti attivi, circa un quinto della popolazione che usa i social nel mondo. Ha una grande appeal per le fasce più giovani della popolazione. Infatti più della metà del suo pubblico ha meno di trent’anni. Da qui si capisce come si possa, tramite questo strumento, influenzare la percezione dei fatti, raggiungendo fasce di pubblico per nulla interessate ai media tradizionali. On line si aprivano spiragli di verità anche in Russia, dove se si chiama la guerra con il suo nome si rischiano ben 15 anni di carcere. Sui social, oggi oscurati, passavano notizie silenziate dal Cremlino, raggiungendo circa 36 milioni di utenti russi.

Ogni ora sulla piattaforma vengono caricati cinque milioni di video. In otto giorni, tra il 20 e il 28 febbraio, le visualizzazioni dei filmati con l’hashtag #Ukraine sono salite da 6,4 miliardi a 17,1 miliardi: una media di 1,3 miliardi al giorno, o di 928 mila al minuto. Per fare un confronto con il principale concorrente, su Instagram i post taggati con #Ukrainewar sono 176 mila e molto spesso i reel provengono da TikTok. È questa la potenza di fuoco di un social considerato troppo a lungo infantile e deriso dai boomer.

TikTok non funziona come gli altri social. Non propone i contenuti di amici e parenti, ma quelli che gli algoritmi ritengono più idonei ai gusti dell’utente. Appena si apre l’applicazione compare la scritta “Per te”. La sezione è ingegnerizzata per imparare dai «mi piace» Se ci mostra interessati alle immagini sulla guerra, ne compariranno sempre di più, amplificando così il messaggio.

Fin dalla nascita, TikTok si è dichiarato apolitico e apartitico. Ma avrebbe rimosso, assecondando il Governo di Pechino, i video delle manifestazioni di Hong Kong, e parole come “campo di lavoro” e “centri di rieducazione”.

Uno dei punti di maggiore forza di Tik Tok è l’universalità dei video. Le parole sono secondarie. Servono solo le immagini. Così le immagini della guerra circolano con fluidità. C’è un racconto spontaneo e senza filtri. Ci sono ragazzi che raccontano la loro vita nei bunker e scene di carri armati e di fuga dalle città.

Tanti sono anche i meme, i video fasulli, i video “ironici” come quello di Angela Merkel che chiama Zelensky per annunciargli l’ingresso in Europa dell’Ucraina, per poi dirgli che ha sbagliato numero.

Non è la prima volta che una guerra si combatte anche sui social. Era già accaduto con la Primavera Araba e con la Siria su Facebook e con il ritiro delle forze armate in Afghanistan. E mentre la Russia cerca di prendere Kiev e le testate tradizionali ritirano i propri giornalisti, per metterli giustamente in salvo, i social rimangono i cronisti, sebbene imperfetti, della guerra.

Articolo a cura di Giada Gibilaro, Communication expert

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