
17 Nov Post offensivo su Facebook, scatta il licenziamento del lavoratore.
Scrivere un post dal contenuto offensivo nei confronti dell’azienda per cui si lavora, rivolgendosi ai vertici e ai propri superiori, è costato il licenziamento ad un dipendente che svolgeva mansioni di account manager addetto alla gestione della comunicazione della società stessa.
Così ha deciso la Cassazione con la sentenza n. 27939/2021. Il lavoratore, con tre mail dal tono fortemente offensivo e con un messaggio pubblicato sul proprio account di Facebook, ha fortemente compromesso il rapporto fiduciario con il proprio datore di lavoro e il suo comportamento è stato qualificato come insubordinazione, tanta e tale da giustificare il licenziamento per giusta causa.
Pur impugnato il licenziamento, il Tribunale ha dato ragione all’azienda datrice di lavoro e così la Corte d’Appello. Anche la Suprema Corte ha confermato i due precedenti gradi di giudizio. Ad avviso degli Ermellini un post su Facebook, benché sulla propria pagina privata e quindi destinata ad un pubblico ristretto, integra gli estremi della denigrazione e della diffamazione in quanto il profilo del lavoratore sul social “è idoneo a determinare la circolazione del messaggio tra un gruppo indeterminato di persone.”
Per quanto del concetto di insubordinazione, esso è riferibile non solo al rifiuto del dipendente di adempiere alle disposizioni dei suoi superiori, ma a qualsiasi comportamento in grado di pregiudicare sia l’esecuzione sia il corretto svolgimento delle disposizioni suddette nel quadro dell’organizzazione.
La Corte, riprendendo un concetto già espresso in precedenti sentenze, cita che “la critica rivolta ai superiori con modalità esorbitanti dall’obbligo di correttezza formale dei toni e dei contenuti, oltre a contravvenire alle esigenze di tutela della persona umana riconosciute dall’art. 2 della Cost., può essere di per sé suscettibile di arrecare pregiudizio all’organizzazione aziendale, dal momento che l’efficienza di quest’ultima riposa sull’autorevolezza di cui godono i suoi dirigenti e quadri intermedi ed essa risente un indubbio pregiudizio allorché il lavoratore, con toni ingiuriosi, attribuisca loro qualità manifestamente disonorevoli.“
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Articolo a cura di Francesca Oliosi
Avvocato Civilista
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