Rinegoziazione canoni di locazione

L’emergenza sanitaria negli ultimi due ha duramente colpito il settore alberghiero e di ristorazione, tanto che molti conduttori si sono trovati in difficoltà con l’assolvimento dell’obbligo di pagamento dei canoni.


La Giurisprudenza di merito, al fine di venire incontro alle esigenze economiche, ha ritenuto opportuno applicare il principio di buona fede “anche con funzione integrativa cogente nei casi in cui si verifichino dei fattori sopravvenuti ed imprevedibili non presi in considerazione dalle parti al momento della stipulazione del rapporto” ed autorizzare la diminuzione dei canoni di locazione.


E’ il caso avvenuto in un giudizio promosso dinnanzi il Tribunale di Lecce.


Il conduttore ristoratore ha ritenuto di promuovere nei confronti del locatore proprietario un ricorso al fine di vedersi ridurre i canoni relativi ai due contratti ad uso alberghiero/ristorazione, argomentando circa le gravose perdite di ricavi a causa delle numerose cerimonie disdette, nonché per il mancato utilizzo del ristorante dovuto alle chiusure e/o alle limitazioni autoritative in conseguenza della pandemia da Covid-19.


La ricorrente aveva ottenuto una momentanea riduzione dei canoni solo in corrispondenza della prima ondata della pandemia e si era vista opporre un rifiuto per i periodi successivi.

Essa, allora, ha presentato un ricorso cautelare d’urgenza  in corso di causa, essendo la prima udienza del giudizio ordinario fissata per metà settembre 2021 mentre, nel frattempo, la situazione relativa alla pandemia da Covid-19 è peggiorata a causa delle sue varianti, con nuovo aumento dei contagi e ulteriori misure restrittive per la Regione Puglia.
La locatrice si è costituita contestando le ragioni avversarie e chiedendo il rigetto del ricorso, stante la carenza dei presupposti di fatto e di diritto.
Il giudice investito del ricorso cautelare osserva che lo stesso è fondato dal momento che “il pagamento dei canoni in misura integrale è idoneo ad aggravare considerevolmente la situazione di crisi finanziaria della ricorrente”.


Il giudice ritiene che la crisi dovuta alla pandemia e la chiusura forzata delle attività commerciali – in particolare di quelle del settore alberghiero e della ristorazione – debbano qualificarsi come “sopravvenienza nel sostrato fattuale e giuridico che costituisce il presupposto della convenzione negoziale”.

Per ciò, in base al generale dovere di correttezza e buona fede ex  art. 1375 c.c., la parte svantaggiata dovrebbe avere la possibilità di rinegoziare il contenuto del contratto.


Il giudice condivide l’orientamento dottrinale per cui la buona fede può essere utilizzata “anche con funzione integrativa cogente nei casi in cui si verifichino dei fattori sopravvenuti ed imprevedibili non presi in considerazione dalle parti al momento della stipulazione del rapporto” e che arrechino uno squilibrio che va oltre la normale alea del contratto.

Articolo a cura di Francesca Oliosi

Avvocato Civilista

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