
13 Jan 231 e società estere
In una recente sentenza (la n. 11626 del 7 Aprile 2020) la Sesta Sezione della Corte di Cassazione si è pronunciata per la prima volta sulla questione, ampiamente dibattuta, dell’applicabilità agli enti con sede all’estero delle norme in materia di responsabilità amministrativa degli enti, ai sensi del d. lgs. 8 giugno 2001 n. 231.
La Corte ha ritenuto che la persona giuridica straniera risponde (ricorrendo gli altri criteri di imputazione) dell’illecito amministrativo derivante da un reato presupposto per il quale sussiste la giurisdizione italiana, in quanto soggetta – alla stregua della persona fisica, all’obbligo di osservare e far osservare la legge italiana a prescindere dalla sua nazionalità o dal luogo in cui abbia sede legale ed indipendentemente dall’ esistenza o meno, nel paese di appartenenza, di norme che disciplinino in modo analogo la materia della responsabilità da reato degli enti, anche con riguardo alla predisposizione e all’efficace attuazione dei modelli di organizzazione e di gestione atti ad impedire la commissione di reati fonte di responsabilità per le persone giuridiche.
In sostanza, la Cassazione ha stabilito una sorta di principio di extraterritorialità del decreto 231, operante tutte le volte in cui il reato-presupposto, pur commesso all’estero, ricade nella giurisdizione del giudice italiano.
Diversamente opinando, sempre seguendo il ragionamento della Suprema Corte, si realizzerebbe un’indebita alterazione della concorrenza tra enti stranieri ed enti nazionali, consentendo ai primi di operare in territorio italiano senza dover sostenere i costi necessari per la predisposizione ed implementazione di idonei modelli organizzativi.
Da tale impostazione deriva che le imprese estere che operano in Italia, esattamente come quelle italiane, dovranno valutare il rischio di commissione dei reati appartenenti al catalogo 231 e considerare l’opportunità di dotarsi del modello. Ad ogni modo, il fatto che tali soggetti siano eventualmente muniti – nel Paese di provenienza – di un sistema di compliance ritenuto adeguato in base ai criteri ivi applicabili non li esenta dalla possibilità di incorrere nella responsabilità prevista dal D.lgs. 231/01.
Articolo a cura di Alessia Cristiana Spagnuolo
Avvocato Penalista
No Comments