Abuso di Ufficio: cosa cambia?

Per effetto dell’ultima modifica normativa dell’art. 323 c.p. la condotta del pubblico ufficiale o dell’incaricato di pubblico servizio, che nello svolgimento delle funzioni o del servizio viola le norme di legge che ne disciplinano l’esercizio, può essere ora integrata solo dalla violazione di “regole di condotta previste dalla legge o da atti aventi forza di legge”. Cioè può essere integrata da fonti primarie, con esclusione dei regolamenti attuativi, che devono possedere un contenuto vincolante precettivo da cui non residui alcuna discrezionalità amministrativa.

Pertanto, si è notevolmente ristretto l’ambito di rilevanza penale del delitto di abuso d’ufficio con inevitabili effetti di favore applicabili retroattivamente ai sensi dell’art. 2, comma 2, c.p. Si sarebbe, cioè, determinata una parziale abolitio criminis in relazione alle condotte commesse prima dell’entrata in vigore della riforma, mediante violazione di norme regolamentari o di norme di legge generali e astratte dalle quali non siano ricavabili regole di condotta specifiche ed espresse o che comunque lascino residuare margini di discrezionalità.

Partendo dall’esame degli effetti di tale successione di leggi penali nel tempo, la Cassazione (Sez. VI, 9.12.20-8-1-21 n. 442) ha affrontato più dettagliatamente il profilo del controllo penale sulla discrezionalità amministrativa.

Più precisamente, la Sesta sezione della Corte ha rilevato come sia lineare, nell’intento legislativo, la «limitazione di responsabilità penale del pubblico funzionario qualora le regole comportamentali gli consentano di agire in un contesto di discrezionalità amministrativa, anche tecnica». Purché ciò avvenga quale scelta di merito dell’interesse primario pubblico da perseguire in concreto. Invece residuerebbe la configurabilità del delitto di abuso di ufficio, pur dopo la riforma del 2020, nel caso in cui l’esercizio del potere discrezionale «non trasmodi tuttavia in una vera e propria distorsione funzionale dai fini pubblici – c.d. sviamento di potere o violazione dei limiti esterni della discrezionalità – laddove risultino perseguiti, nel concreto svolgimento delle funzioni o del servizio, interessi oggettivamente difformi e collidenti con quelli per i quali soltanto il potere discrezionale è attribuito».

Articolo a cura di

Alessia Cristiana Spagnuolo

Avvocato Penalista

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