cash pooling

Cash pooling

La seconda sezione penale del Tribunale di Milano, con la sentenza n. 2146/2022, ha assolto l’imputato perché il fatto non sussiste ritenendo non configurabile la fattispecie di cui all’art. 3 del D. Lgs. nr. 74/2000 (dichiarazione fraudolenta mediante altri artifici) in capo all’amministratore di una società a responsabilità limitata che – pur non rivestendo la qualifica di “pooler” nell’ambito di un contratto di cash pooling – aveva ricevuto e disposto pagamenti da e in favore di altre società appartenenti al medesimo gruppo.

In particolare, la Società in questione, sottoposta ad accertamento da parte dell’Agenzia delle Entrate in relazione a tali flussi finanziari infragruppo, aveva prodotto, nel corso delle operazioni di verifica, un contratto denominato “accordo quadro per la gestione delle disponibilità finanziarie”, stipulato tra le diverse società appartenenti al medesimo gruppo. Tale accordo prevedeva un espresso mandato alla holding affinché essa disponesse, a propria discrezione e nell’interesse del gruppo nel suo complesso, trasferimenti finanziari di qualsivoglia ammontare tra le società del gruppo.

L’Agenzia delle Entrate aveva reputato le modalità operative seguite dalla Società non in linea con una tipica forma di cash pooling, trattandosi, asseritamente, di movimentazioni finanziarie provenienti, oltre che dalla medesima holding, anche da altre società appartenenti al gruppo, così attribuendo loro natura di ricavi non contabilizzati. A conclusione dell’attività di verifica l’Agenzia delle Entrate aveva segnalato all’Autorità Giudiziaria la rilevanza della citata condotta nell’ambito delle disposizioni contenute nel D. Lgs. nr. 74/2000 e l’A.G. aveva ritenuto di contestare al legale rappresentante della Società sottoposta ad accertamento il reato di cui all’art. 3 del ciato D. Lgs.nr. 74/2000.


Il Tribunale di Milano, disattendendo la prospettazione accusatoria, ha rilevato come nel giudizio non fosse stato acquisito alcun documento falso o mezzo fraudolento in grado di ostacolare l’accertamento fiscale, in quanto la società, tenendo correttamente tutta la documentazione contabile, aveva ivi indicato in maniera chiara e comprensibile tutte le movimentazioni finanziarie avvenute tra le società del gruppo. Ma non solo, a riprova della correttezza del suo operato, questa aveva altresì prodotto, nel corso delle operazioni di verifica, il contratto di cash pooling, dimostrando così l’esistenza dell’accordo tra le società del gruppo in forza del quale le movimentazioni finanziarie avevano avuto luogo.


Nel caso in esame, quindi, pur essendo previsto nel contratto di cash pooling in esame che i trasferimenti finanziari potessero avvenire direttamente tra le società del gruppo, senza essere vincolati a condizioni prestabilite in modo rigido, il Tribunale ha ritenuto che esso fosse concretamente diretto a realizzare una gestione ottimale dei flussi di liquidità provenienti dalle varie società del gruppo attraverso l’accentramento di risorse finanziarie, a seconda delle necessità contingenti delle singole società del gruppo. La validità di tale contratto, unita all’assenza di utilizzo di documenti falsi o altri mezzi fraudolenti finalizzati ad ostacolare l’accertamento fiscale, hanno condotto il Tribunale ad assolvere l’imputato con formula perché il fatto non sussiste.

Articolo a cura di Alessia Cristiana Spagnuolo, Avvocato Penalista

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