
12 Sep Controllo del termine decadenziale di emissione degli atti di accertamento
A seguito della pandemia sono state emanate molte norme finalizzate alla sospensione dei termini di decadenza in ambito tributario. Tra queste l’art.157 del DL 34/2020 aveva previsto che gli atti impositivi dell’Agenzia delle Entrate, che dovevano essere notificati ai contribuenti entro il 31/12/2020, potevano essere emessi entro tale data, ma notificati successivamente in un arco temporale dal 1/03/2021 al 28/02/2022.
È stata, quindi, prevista una scissione giuridica dei termini di emissione e di notifica degli atti impositivi.
Questo ha posto il problema di come identificare con certezza il rispetto del termine decadenziale dell’emissione dell’atto atteso che non coincide con quello della notifica. La norma, però, si limita a chiarire che l’emissione coincide con la “data di elaborazione dell’atto risultante dai sistemi informativi dell’Agenzia delle Entrate”. La disposizione dell’art. 157 è troppo indeterminata in merito alla identificazione della prova dell’emissione che sappiamo essere fondamentale al cospetto di un termine decadenziale.
In assenza di riferimenti normativi certi si può solo fare riferimento alle indicazioni fornite con la circolare n.25/E/2020 dell’AdE che ha stabilito che gli atti si intendono emessi se risultano firmati e protocollati in base alla segnatura di protocollo secondo le disposizioni del Codice dell’amministrazione digitale (Cad) di cui al D.Lgs 82/2005.
In particolare, l’Amministrazione elabora gli accertamenti come documenti informatici sottoscritti digitalmente e protocollati in uscita per poi farne una copia analogica con contrassegno elettronico cosiddetto “glifo” (sotto forma di QR code). La segnatura di protocollo dovrebbe attestare la provenienza del documento informatico, fornire la data certa e permettere la verifica della validità del certificato di firma utilizzato per la sottoscrizione dell’atto.
La copia analogica (cartacea) notificata al contribuente deve contenere un contrassegno, il “glifo” che è costituito da un QR code. Per visualizzare il documento informatico originale e verificare la conformità con la copia analogica ricevuta -quindi i dati di protocollazione e la firma digitale- il contribuente può:
- Accedere al sito dell’AdE e inserire i parametri del glifo
- Leggere il QR code mediante lo smartphone
A tale proposito si segnala che nel caso in cui il glifo (QR code) venga apposto solo sulla prima pagina e non su tutte le pagine dell’accertamento è possibile richiedere l’annullamento dell’atto eccependo che l’Ufficio non ha adempiuto compiutamente all’onere della prova in merito al rispetto dei termini di emissione dell’accertamento (si veda la sentenza n.138/1/2022 della Ctp di Reggio Emilia).
Articolo a cura di Stefano Vignolo, Dottore Commercialista e Revisore Contabile
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