Nuovi limiti per i forfettari dal 1 gennaio 2023

Il regime forfettario è stato introdotto con la “finanziaria 2015” (Legge 190/2014) a far data dal 1° gennaio 2015.

Si tratta di un regime agevolato che ha sostituito tutti gli altri regimi a suo tempo previsti e che rappresenta, per piccoli professionisti ed imprenditori, un interessante alternativa ai regimi semplificati ed ordinari.

Con la “legge di bilancio 2023”, con decorrenza 1° gennaio 2023, il limite di ricavi e compensi per potervi aderire, passa dai 65mila euro agli attuali 85.000 euro.

Inoltre coloro che nel corso del 2022 hanno realizzato ricavi/compensi (valutati con il principio di cassa) di importo inferiore agli 85mila euro potranno permanere od entrare nel regime forfettario, assoggettando quindi, il reddito imponibile ad una imposta sostitutiva del 15% (del 5% in caso di nuova iniziativa professionale/imprenditoriale).

Ai fini del limite prima indicato, in caso di nuova attività si dovrà proporzionare il limite ai giorni effettivi di attività.

Il reddito imponibile verrà determinando applicando al monte ricavi/compensi una percentuale di costi forfettari, determinata dall’Amministrazione Finanziaria a seconda del codice ATECO del titolare della partita IVA. Nessun altro costo, effettivamente sostenuto, potrà essere detratto dai ricavi/compensi ad eccezione dei contributi previdenziale pagati nell’esercizio di riferimento.

Altro significativo limite modificato dalla Legge di bilancio 2023 riguarda l’”uscita” dal regime agevolato in commento.

In particolare. laddove nell’anno di riferimento si superi il limite di € 85.000, si uscirà dal regime forfettario dall’esercizio successivo, ma se nello stesso esercizio si superasse il limite di € 100.000 , la fuoriuscita avverrà immediatamente con obbligo di emissione delle fatture successive al superamento, con relativo addebito dell’iva ed applicazione del regime ordinario di tassazione.

Si ricorda, a completamento di quando sopra ricordato che non è possibile usufruire del regime agevolato se:

– si sia superato il limite di euro 20.000 delle spese sostenute per personale dipendente o per lavoro accessorio;

– si sono percepiti, nell’anno precedente, redditi di lavoro dipendente e assimilati eccedenti l’importo di 30mila euro;

– l’attività è esercitata prevalentemente nei confronti di datori di lavoro con i quali sono in corso rapporti di lavoro o erano intercorsi rapporti di lavoro nei due precedenti periodi d’imposta, ovvero nei confronti di soggetti direttamente o indirettamente riconducibili ai suddetti datori di lavoro;

– si hanno partecipazioni in società di persone, ad associazioni professionali o ad imprese familiari, oppure controllano, direttamente o indirettamente, società a responsabilità limitata o associazioni in partecipazione, le quali esercitano attività economiche direttamente o indirettamente riconducibili a quelle svolte dagli esercenti attività d’impresa, arti o professioni;

– se l’attività esercitata è, in via esclusiva o prevalente, relativa a cessioni di fabbricati o porzioni di fabbricato e di terreni edificabili;

– ci si avvale di regimi speciali ai fini dell’imposta sul valore aggiunto.

Articolo a cura di Alessandro Coppola, Dottore Commercialista e Revisore Contabile

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