
04 Aug La Finanza agevolata non esiste piu’!
Una domanda che comunemente le persone nelle aziende si pongono (e mi pongono come consulente) rispetto alla Ricerca, Sviluppo e Innovazione, è: “che bandi ci sono aperti?”, con l’idea di costruirci poi sopra un bel progetto.
No, la domanda è sbagliata.
La domanda giusta non è da fare al consulente di turno. La prima, vera domanda da porre è a se stessi, ed è: “che progetti innovativi ho?”
La tendenza degli ultimi anni in ambito di finanza agevolata per l’innovazione non è più, sia in ambito Europeo che Nazionale, quella della distribuzione di soldi a pioggia, svincolati da una progettualità imprenditoriale, ma quella di valutare nel merito le aspirazioni e richiedere risultati quantitativamente misurabili.
Non è un caso, infatti, che molti importanti fondi, da ON – Nuove Imprese a Tasso Zero che in Italia finanzia investimenti fino a circa 3 Milioni di Euro in imprese di Donne e Giovani, all’EIC Accelerator, che nel contesto di Horizon Europe finanzia progetti di innovazione con un mix di Fondo Perduto ed Equity fino a 15 Milioni, prevedono entrambi delle fasi di colloquio diretto con le commissioni di valutazione o (nel caso dell’EIC Accelerator) dei veri e propri pitch davanti a una giuria appositamente nominata.
E allora, prima ancora di pensare a come prendere i soldi, diventa cruciale il per cosa prendo i soldi, serve una fase di strutturazione del progetto di innovazione, di definizione dei suoi contorni, dei bisogni cui risponde, del modello di business che lo giustifichi e spesso del piano economico-finanziario che ne sottende le attese economiche. E, soprattutto, una qualificazione e quantificazione degli impatti.
“Impatti” al plurale, perché se la sostenibilità è un tema che imprescindibilmente fa e farà da substrato a qualsiasi intervento pubblico nell’economia per i prossimi anni, allora è bene che si impari a tenerne conto sin dalle fasi primordiali di gestazione dei progetti, facendone un punto di forza e non un’appendice forzata.
Una delle prove del nove per valutare la sostenibilità di un progetto è legata a una delle sue definizioni classiche e si fa valutando i tre impatti del progetto: non solo quello più classico, l’impatto economico, ma anche l’impatto ambientale, che già nell’ultimo decennio ha avuto un ruolo nella destinazione dei fondi pubblici, per finire, ma forse è il più importante perché è quello che finora è stato il più negletto, con l’impatto sociale.
Ecco che, unendo l’idea tecnologica di base, il focus su mercato e stakeholders, le proiezioni economico-finanziarie e gli impatti del progetto, quello che viene fuori è un vero e proprio business plan di progetto, che può essere poi modulato a seconda delle esigenze verso la ricerca di finanziamenti pubblici, verso il fundraising da privati o verso soluzioni più classiche di corporate financing.
Ed ecco perché la finanza agevolata non esiste più, così come non esisteranno più i consulenti “scrittori di domande”: perché ci sarà sempre meno da prendere a martellate delle idee abbozzate per farle rientrare nei parametri dei bandi e sempre più da costruire insieme, con professionisti che abbiano competenze manageriali e imprenditoriali trasversali, progettualità che portino benefici ad ampio spettro all’azienda, all’ambiente e alla società nel suo complesso.
Articolo a cura di
Marco Croella
Executive Business Consultant
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