Sovraindebitamento, una sentenza salvifica

Il Tribunale di Pavia ha emesso un provvedimento di omologa di piano del consumatore particolarmente interessante: falcidia il debito con una importante percentuale pari al 95%,  ed offre spunti interessanti con riferimento ai parametri da impiegare nella determinazione della somma che l’astante sovraindebitato può trattenere per il mantenimento suo e della sua famiglia. 

La vicenda riguarda una famiglia che a seguito di un debito ingente subiva un pignoramento immobiliare; il pignoramento era stato avviato dalla Banca erogante il mutuo, e nell’esecuzione erano poi intervenuti altri creditori. La vendita dell’immobile non era però satisfattiva e alla famiglia residuava ancora un debito di oltre € 140.000,00. Per tale motivo, la suddetta famiglia subiva anche dei pignoramenti sullo stipendio. Poiché risultavano compromesse le più basiche esigenze di vita del debitore e della sua famiglia, essi decidevano di avviare una procedura di sovraindebitamento.

Esaminata la vicenda, e studiata nel dettaglio quella che poteva essere una proposta di piano in favore di tutti i creditori, era predisposto un piano del consumatore, procedimento familiare, con la richiesta di abbattimento del debito fino alla soglia del 95% del debito stesso, previa la sospensione della cessione del quinto che gravava sulla retribuzione del pater familias.

Il Giudice delegato, nell’accettare ed omologare tale piano del consumatore, accettando la decurtazione del debito fino alla percentuale di cui sopra, ha delineato importanti linee guida.
Egli ha, infatti, disposto che la quota di reddito che il debitore ha riservato per le proprie indispensabiliesigenze di vita e per le indispensabili esigenze di vita della sua famiglia, appare perfettamente in linea con i principi consolidatisi intorno all’art. 46, Legge Fallimentare, che può applicarsi anche alla presente procedura per l’analogia di ratio che accomuna le procedure di sovraindebitamento al fallimento. 
Al riguardo, il parametro da impiegare nella determinazione della somma che il fallito, ovvero il sovraindebitato, può trattenere per il mantenimento suo e della sua famiglia, secondo la Giurisprudenza di Legittimità, non va individuato nel tenore di vita adeguato, ma deve limitarsi al necessario per il mantenimento suo e della sua famiglia, salvaguardandone le esigenze insopprimibili, senza dover necessariamente rispettare il parametro dell’art. 36 Cost., che, invece, attiene alla diversa sfera del rapporto di lavoro.

Per contro, il diritto dei creditori a soddisfarsi sul suo patrimonio è sancito dall’art. 2740 c.c., e il regolamento del conflitto nascente dalle contrapposte aspettative è demandato al giudice di merito, non sindacabile in sede di legittimità, al di fuori del caso dei vizi di motivazione.

Tale decreto appare come una luce in fondo al tunnel di molte famiglie che si trovano in condizioni di reale difficoltà economica.

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Articolo a cura di Francesca Oliosi
Avvocato Civilista

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