
23 May Sulla rilevanza penale dei finanziamenti dei soci in caso di fallimento
Sulla rilevanza penale dei finanziamenti dei soci in caso di fallimento
La Cassazione Penale, Sez. I, con sentenza depositata il 27 febbraio 2023 (ud. 22 novembre 2022), n. 8526, ha inteso ribadire la rilevanza penale della restituzione anzitempo dei finanziamenti operati dai soci all’ente in crisi, quali strumenti alternativi all’aumento di capitale, ritenendo integrata la fattispecie di bancarotta preferenziale.
Deve escludersi che i soci possano usare lo strumento del finanziamento per ricapitalizzare in maniera surrettizia la compagine sociale in difficoltà o in situazione di squilibrio patrimoniale, aggirando i vincoli che l’ordinamento prevede in materia di conferimenti di capitale e, in particolare, la norma di cui all’art. 2467 c.c., introdotto dal D.Lgs. n. 17 gennaio 2003, n. 6. Tale norma prevede che il diritto al rimborso del finanziamento del socio sorga postergato, qualora erogato nelle predette situazioni, rispetto a quello degli ordinari creditori sociali (così come l’apporto effettuato a titolo di capitale attribuisce ai soci unicamente il diritto a partecipare alla ripartizione del residuo attivo, risultante al termine delle procedure liquidatorie e, dunque, dopo la preventiva soddisfazione di tutti i creditori sociali). La postergazione permane fino all’eventuale superamento delle anzidette difficoltà o dell’esistente squilibrio; solo allorché ciò si verifichi, il credito restitutorio ritorna pienamente esigibile in via ordinaria, anche se in quel momento non siano stati ancora adempiuti gli altri debiti sociali, mentre non è consentito, permanendo lo stato di crisi, recuperare ad libitum i finanziamenti, ancorché al fine di programmare future erogazioni, che si troverebbero ad essere basate su provvista arbitrariamente costituita.
Nel caso esaminato dalla Corte, era stato istituito dai soci una sorta di conto di gestione, su cui confluivano gli apporti dei medesimi, conto che, però, altro non era che uno strumento attraverso cui veniva finanziata la società in difficoltà, alternativo all’aumento di capitale, onde permetterne la sopravvivenza. Sicchè non è apparso revocabile in dubbio alla Corte che il successivo prelievo delle somme ivi confluite, a restituzione dei relativi versamenti operati a titolo di mutuo, fosse criminoso, integrando quanto meno la fattispecie di bancarotta preferenziale.
Articolo a cura di Alessia Cristiana Spagnuolo, Avv. Penalista
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