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La parità di genere nell’ambito del lavoro passa attraverso la trasparenza?

Parità di genere e trasparenza

Per «rafforzare» l’applicazione del principio della parità di retribuzione tra uomini e donne per uno stesso lavoro o per un lavoro di pari valore, la Direttiva UE 2023/970, entrata in vigore nel giugno 2023, prevede obblighi di «trasparenza» per i lavoratori privati e pubblici.

Con la trasparenza, i «divari» retributivi saranno resi pubblici a tutti, mentre gli altri dati personali dei singoli lavoratori dovranno essere forniti a richiesta.

Ciascuno avrà comunque diritto che non vengano pubblicizzati dati personali anche conoscibili.

L’attuazione della Direttiva, che dovrebbe avvenire con apposita legge entro tre anni, sarà problematica per rispettare la privacy, ma sorgono anche dubbi sull’effettiva efficacia anti-discriminatoria.

Il 10 maggio 2023 è stata approvata con lunghissima normativa la Direttiva UE 2023/970 del Parlamento Europeo e del Consiglio per «rafforzare» il «principio della parità di retribuzione» fra lavoratori di sesso femminile e di sesso maschile sancito dall’art. 157 del Trattato sul funzionamento dell’Unione Europea e per rafforzare il divieto di discriminazione di cui all’art. 4 della Direttiva 2006/54/CE del 5 luglio 2006, in particolare attraverso la «trasparenza retributiva» e relativi meccanismi d’applicazione.

La «trasparenza» sarà generale sui «divari», attraverso la pubblicazione nel sito aziendale o modalità simile (art. 9), mentre solo a richiesta per altre notizie personali (artt. 5 e 8).

La Direttiva UE 2023/970 conclude una nuova strategia per il 2020-2025 lanciata dalla Commissione UE il 5 marzo 2020 per la parità di genere, considerata sempre «pilastro europeo dei diritti sociali».

Si è osservato che, nonostante i progressi, a due decenni dall’inizio del 21° secolo persistono ancora disuguaglianze di genere nei mercati del lavoro, nell’occupazione, nella qualità di vita e lavoro, mentre nel programma della Commissione europea, la parità di genere resta sempre un’importante priorità.

Altresì, la direttiva compie delle specifiche relative al numero dei lavoratori occupati: mentre per i datori di lavoro che occupano meno di 100 lavoratori la pubblicizzazione sui «divari» sarà possibile ma resta non-imposta, si prevedono altri tempi per attuare le norme per i datori di lavoro con almeno 150 o 250 lavoratori, rispettivamente fino al 2027 e al 2031.

Le informazioni sui «divari retributivi» per sesso andranno pubblicate dal datore di lavoro in modo facilmente accessibile e fruibile, anche con il proprio sito web o in altra maniera.

La suddetta Direttiva non è direttamente applicabile nel nostro paese, perché essa dovrà essere recepita con una specifica disposizione di legge per divenire efficace e il termine ultimo concesso per tale essenziale passaggio è fissato per il 7 giugno 2026, tre anni dalla sua entrata in vigore.

In Italia, dopo la fondamentale legge n. 903 del 9 dicembre 1977, c’è il D.Lgs. 11 aprile 2006, n. 198 , Codice delle pari opportunità tra uomo e donna, con procedura d’urgenza azionabile su ricorso del singolo lavoratore o su delega delle organizzazioni sindacali o del «consigliere di parità» ed inversione dell’onere della prova.

Quindi, in realtà, la legge già esiste, seppur in forma diversa, quella che manca è sicuramente l’attuazione e la reale e concreta applicazione.

La parità di genere nell’ambito del lavoro passa attraverso la trasparenza?

Per «rafforzare» l’applicazione del principio della parità di retribuzione tra uomini e donne per uno stesso lavoro o per un lavoro di pari valore, la Direttiva UE 2023/970, entrata in vigore nel giugno 2023, prevede obblighi di «trasparenza» per i lavoratori privati e pubblici.

Con la trasparenza, i «divari» retributivi saranno resi pubblici a tutti, mentre gli altri dati personali dei singoli lavoratori dovranno essere forniti a richiesta.

Ciascuno avrà comunque diritto che non vengano pubblicizzati dati personali anche conoscibili.

L’attuazione della Direttiva, che dovrebbe avvenire con apposita legge entro tre anni, sarà problematica per rispettare la privacy, ma sorgono anche dubbi sull’effettiva efficacia anti-discriminatoria.

Il 10 maggio 2023 è stata approvata con lunghissima normativa la Direttiva UE 2023/970 del Parlamento Europeo e del Consiglio per «rafforzare» il «principio della parità di retribuzione» fra lavoratori di sesso femminile e di sesso maschile sancito dall’art. 157 del Trattato sul funzionamento dell’Unione Europea e per rafforzare il divieto di discriminazione di cui all’art. 4 della Direttiva 2006/54/CE del 5 luglio 2006, in particolare attraverso la «trasparenza retributiva» e relativi meccanismi d’applicazione.

La «trasparenza» sarà generale sui «divari», attraverso la pubblicazione nel sito aziendale o modalità simile (art. 9), mentre solo a richiesta per altre notizie personali (artt. 5 e 8).

La Direttiva UE 2023/970 conclude una nuova strategia per il 2020-2025 lanciata dalla Commissione UE il 5 marzo 2020 per la parità di genere, considerata sempre «pilastro europeo dei diritti sociali».

Si è osservato che, nonostante i progressi, a due decenni dall’inizio del 21° secolo persistono ancora disuguaglianze di genere nei mercati del lavoro, nell’occupazione, nella qualità di vita e lavoro, mentre nel programma della Commissione europea, la parità di genere resta sempre un’importante priorità.

Altresì, la direttiva compie delle specifiche relative al numero dei lavoratori occupati: mentre per i datori di lavoro che occupano meno di 100 lavoratori la pubblicizzazione sui «divari» sarà possibile ma resta non-imposta, si prevedono altri tempi per attuare le norme per i datori di lavoro con almeno 150 o 250 lavoratori, rispettivamente fino al 2027 e al 2031.

Le informazioni sui «divari retributivi» per sesso andranno pubblicate dal datore di lavoro in modo facilmente accessibile e fruibile, anche con il proprio sito web o in altra maniera.

La suddetta Direttiva non è direttamente applicabile nel nostro paese, perché essa dovrà essere recepita con una specifica disposizione di legge per divenire efficace e il termine ultimo concesso per tale essenziale passaggio è fissato per il 7 giugno 2026, tre anni dalla sua entrata in vigore.

In Italia, dopo la fondamentale legge n. 903 del 9 dicembre 1977, c’è il D.Lgs. 11 aprile 2006, n. 198 , Codice delle pari opportunità tra uomo e donna, con procedura d’urgenza azionabile su ricorso del singolo lavoratore o su delega delle organizzazioni sindacali o del «consigliere di parità» ed inversione dell’onere della prova.

Quindi, in realtà, la legge già esiste, seppur in forma diversa, quella che manca è sicuramente l’attuazione e la reale e concreta applicazione.

Articolo a cura di Francesca Oliosi, Avvocato Civilista

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